Settimane di viaggi, a cosa serva poi chi lo sa. Per me sono le esperienze umane che contano, alla fine. La prima tappa è stata a Milano, dovevo pernottare lì in attesa di una selezione tipicamente da Università italiana. Bollettini che si perdono, file per l'appello, file per andare in bagno, file per avere il foglietto con le domande, fila per restituirlo, fila per uscire.
Ma torniamo al pernottamento del giorno prima. Doveva ospitarmi un mio vecchio compagno delle elementari, anzi, il mio migliore amico delle elementari. Abbiamo comprato il primo poster di Madonna insieme, abbiamo sognato di andare a quel concerto insieme. Era nel suo giardino che per merenda mangiavamo erba gatta! Non lo vedevo da 19 anni, e la cosa sembrava un po' azzardata, a pensarci. D'altra parte erano state le nostre mamme a organizzare tutto. Pochi giorni prima, infatti, mia mamma aveva incontrato sua mamma: "Ah, Alessio va a Milano? Andrea ora vive là, perchè non lo mandi da lui, così si ritrovano dopo tanti anni!". Io, scettico, quando mi comunica la cosa le faccio presente che in 19 anni le persone cambiano, ma ormai è tutto programmato, non posso oppormi. E l'idea dell'incontro ha un suo fascino, del resto. Lo chiamo, giusto due parole, per dirgli che l'indomani quando arrivo in stazione ci sentiamo. Ma l'indomani nessuno risponderà, perchè il suo cellulare è spento...
questa situazione non può essere romantica
fine, basta, chiuso, tornerò quando dimentico
Non è stato l'unico ad abbandonarmi, quella notte, ma siccome in teoria dovevo dormire da lui la cosa era abbastanza seccante. Il piano di soccorso (ci vogliono sempre dei piani di soccorso) prevedeva comunque la telefonata a Luigi, il cugino della mamma. Grazie al cielo Luigi ha il cellulare acceso e, pur se avvertito alle 22.45, mi accoglie a braccia aperte come un profugo. Mi dà acqua e viveri (ma avevo già cenato), un letto caldo, un asciugamano (come si fa a partire per quattro giorni dimenticandosi l'asciugamano!) e mi fotocopia pure la pagina del tuttocittà con la via dove devo andare.
La mattina dopo, alle 7 di mattina, come un padre premuroso prende la macchina e mi accompagna alla fermata del metrò (700 metri circa) facendomi tutte le raccomandazioni del caso. Intorno a me gente assonnata e incazzata, ma lo sarei anch'io se fossi in loro. Poi, dopo due passi a piedi, eccomi nella pace dell'Università Statale, tra il verde dei giardinetti e gli austeri palazzi d'epoca. "Sa dov'è l'Aula 208?". "Là, dove vede quel mucchio di gente...".
scrivi, taglia e cuci che monnezza di trapianto
so come scappare, non mi vedi quando piango?
Ma purtroppo anche il bar dei panzerotti era per me irraggiungibile. C'era ancora, si, ma 20 anni fa forse c'era meno gente, o forse non ero mai capitato lì durante la pausa pranzo degli uffici, o forse ero solo piccolo e non me lo ricordo...certo che affrontare una coda di un'ora per due panzerotti era troppo anche per me.
L'unico rifugio, in quella città ostile, rimaneva la libreria "Remainders" in Galleria Vittorio Emanuele, specializzata in edizioni fuori catalogo, il posto ideale per passare due orette nel centro di Milano senza avere nessuno intorno. In quel caos di vecchi libri senza alcun ordine logico, è impossibile trovare una cosa che stai cercando. Al massimo puoi frugare a caso, e imbatterti in qualche piacevole sorpresa. Ma a me serviva solo un posto dove meditare sul da farsi per un po', in attesa di decidere quando partire. Dopo due ore passate a cercare un vecchio volumetto anni '60 della collana "Medusa" della Mondadori, rivelatosi alla fine una chimera, mi sono deciso ad uscire.
sono tubi di ferro a vista, come chiodi nella minestra
sono un cesso di chitarrista e questa è la mia cazzo di festa
Prossima fermata, Torino. Ma prima, appena uscito da Galleria Vittorio Emanuele, devo affrontare la folla di ragazzine urlanti in attesa dei Blue, che stavano per affacciarsi da un balcone in piazza Duomo durante la trasmissione Trl di Mtv, credo. Magari hanno filmato anche me che scendo nella metropolitana mentre guardo quella scena patetica con aria curiosa e indifferente al tempo stesso, chissà...
Il tempo di un panino e un messaggio e il mio treno parte. Un vecchio placido riposa davanti a me, e mi addormento guardandolo. Al mio risveglio, bofonchio: "Che stazione è?". "Tovino", risponde. Boh, sarà francese, o ha solo la r moscia, e mentre me lo domando mezzo addormentato scendo, stropicciandomi gli occhi. A Torino mi sento già più a casa, che poi è strano perchè ci sono stato due volte, mentre a Milano ci andavo anche tre o quattro volte l'anno a trovare i nonni. Ma ora i nonni a Milano non ci sono più, e c'è la folla, lo smog, la mentalità aziendale, le ragazzine di Trl e tutti gli altri luoghi comuni che uno pensa siano solo luoghi comuni ma in realtà sono veri. Per esempio, uno a Milano si immagina i punkabbestia che litigano con i poliziotti, perchè portando in giro grossi cani senza museruola capita che ogni tanto mordano le persone. Questo è un luogo comune, però quando stai lì 24 ore e ti capita di vedere tre scene di punkabbestia che litigano con i poliziotti etc. etc. ti viene da pensare che non è solo un luogo comune. Sono i luoghi comuni il motivo per cui non amo più Milano come un tempo. O forse sarà perchè non ci sono più i nonni.
non riesco a vendere le bibbie per la strada
non riesco a bere dalle foglie la rugiada
La sera c'è un concerto dei Fine before you came, mi pare proprio di averli già visti da qualche parte...in realtà lo ricordo benissimo, e per ricordarmelo ancora meglio ho comprato pure la loro maglietta. Sopra c'è il disegno di un uomo che spinge (o si appoggia con la testa su) un sasso. A me fa venire in mente Sisifo, quello che come supplizio doveva portare un enorme masso sulla cima di una collina, per poi vederlo rotolare giù ogni volta, per l'eternità. Da sempre è uno dei miei personaggi mitologici preferiti, Sisifo. Forse anche per questo ho comprato la maglietta. Mentre alla fine del concerto mi intrattenevo col batterista mi sono dimenticato di chiederglielo, se quell'immagine rappresentava davvero Sisifo o era solo una mia idea.
serve un modo, serve adesso, di sanare la partita
fuori gli arbitri e i palloni, andate via dalla mia vita
Il giorno dopo un'altra selezione, ma stavolta si tratta di un colloquio informale più che di un asettico test aziendale. "Qual'è il suo scrittore preferito?". "E la casa editrice che ama di più?". "Ma quando va in libreria, che cosa guarda?". Strano test, penso, e prendono pure appunti su un foglio alle mie risposte, boh. Dev'essere così, quando ti intervistano. Poi per il resto della giornata il sonno arretrato si presenta a chiedere il conto, più e più volte. La penultima volta capita dopo aver preso due arancini siciliani nella rosticceria di via Po (credo fosse via Po), servito dalle mani fatate di una ragazza dalle tette perfette. Di lì a poco crollerò sul divano e poi sul letto, ubriaco di vino e di sonno. La mattina dopo è già ora di ritornare a Udine, anche se non per molto tempo ancora.
Per poi sapere che Andrea aveva staccato il telefono perchè intrattiene una sordida storia di sesso con una ragazza di Vigevano, che era andata a trovarlo di sorpresa proprio quella sera (la fonte è sua mamma, mica un pettegolezzo così per dire). Si scusa, ma ormai è troppo tardi per riallacciare fili recisi da tempo. Si tratta di decidere del mio futuro, e certe cose ti condizionano più di altre che razionalmente dovrebbero condizionarti. Se esiste un destino, e Andrea era un suo strumento, allora io devo andare nella direzione che mi ha indicato. Ovvero, da un'altra parte. Se invece non esiste un destino predeterminato, allora posso benissimo adattarmi a una vita che non mi piace, tanto alla fine comunque vadano le cose l'uomo deve accettare la sofferenza e la mortalità come parte della sua natura (umana, appunto). C'è poi un terzo caso in cui lascio che le cose seguano il loro corso senza pensarci troppo. Tanto poi, come ho fatto la settimana scorsa mentre tornavo in treno verso casa, posso sempre mettermi le cuffie del walkman nelle orecchie e ascoltare Festa n°3 dei Babalot con un sorriso ebete stampato in faccia...
sono tubi di ferro a vista, come chiodi nella minestra
sono un cesso di chitarrista e questa è la mia cazzo di festa
Adesso so come hai trascorso questi ultimi giorni. Lascia fare al destino, andrà bene
RispondiEliminacatp
la lista delle parole???
RispondiElimina*
Pingu, i tuoi appelli funzionano, non è ancora tornato in IcePink ma è già comparso nei miei sogni!
RispondiEliminaciao ciao
Tiz
è un ottimo inizio, si :)
RispondiEliminaper quanto riguarda la lista delle parole...beh, ammetto che una bella cena tra di noi potrebbe essere rivelatrice!
..a parte che le strisce nere sugli occhi suonano vagamente inquietanti, riecheggiando per analogia solo alcuni film porno o immagini opache di bambini oscurati, per il resto mi pare una fedele e piacevole cronaca.
RispondiEliminamancherebbe solo una cosa, tuttavia (immagino, volutamente?, per rispetto agli "amici"?) omessa. lo spumante rumeno......
bye,
il ludaz
furbetto, credi di incantarmi?
RispondiEliminaprima la lista
poi la cena
:)
Tiz
torino! torino!
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tiz! tiz!
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cos'hai contro quelli con la erre moscia??? ti manca questo tocco aristocratico e te la prendi?
RispondiEliminamah mi pare che tu sia sempre eternamente alla ricerca del tempo perduto e qualcosa di perduto a parer mio non ha senso cercarlo...
mi vengono in mente alcune discussioni che abbiamo fatto sul "sisifo" di camus negli anni triestini un classico un po' per tutti... gigi mi ha detto che ha trovato tra i suoi scatoloni dei vari traslochi tra appartamento e appartamento un quaderno del conte con le sue riflessioni ecc ecc del periodo psichedelico...
penso che la vita non debba piacere forse solo qualche fanatico può essere entusiasta della vita. il fatto è che la vita va avanti. tutto lì. tu alla fine nonostante la tua patina di pessimismo sei un inguaribile ottimista: ti aspetti sempre qualcosa da ogni giorno che vivi. forse ti manca ancora qualche esperienza o forse no chissà. goditela va là meno pare.
ciao luca (ogni tanto penso al tempo in cui abbiamo vissuto insieme e mi sembra sia passata un'eternità: per me E' passata un'eternità - visto che tu hai evocato temi proustiani mi vengono in mente riflessioni bergsoniane...)va beh
mandi se no potrei continuare per delle ore
mmm... parli da solo, manicangini?
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