domenica 29 agosto 2004

Souvenirs

E poi dicono che Internet è pericolosa, luogo di incontro di terroristi, maniaci e portatori di strani virus che ti ammorbano il computer e il cervello. Io invece su Internet fino ad ora ho conosciuto tante persone meravigliose. Con alcuni ho mangiato, dormito, visto concerti. Ad altri ho spedito email, pacchetti, fotografie. Con altri ancora, come Mike e Julie, mi sono solo dato appuntamento, per ora.
Julie l'altra notte ha sognato di venire in viaggio a Venezia, e io spero che Mike la accompagni qua presto, chissà. Ma anche a me piacerebbe andarli a trovare presto, a Macao. Già, Macao. Prima di conoscere Mike e Julie, cosa potevo sapere di Macao? Forse che è un'ex colonia portoghese, e che prima di essere oscurata dalla potenza nascente di Hong Kong era un importante centro commerciale, oltre ad essere uno dei principali avamposti dell’evangelizzazione di tutto l’estremo oriente. Forse leggendo qualche libro di storia avrei scoperto anche che a Macao approdavano i missionari europei, studiavano il cinese nel St. Paul’s College e partivano per le varie nazioni asiatiche. I primi a giungervi furono i Gesuiti, che verso la fine del '500 costruirono la chiesa di St. Paul, distrutta dal fuoco per ben tre volte. La terza volta rimase in piedi solo la facciata, bellissima, quasi una via di mezzo tra gli archi d'onore cinesi e le chiese occidentali.

La facciata della chiesa di St. Paul a Macao,
distrutta da un incendio per la terza volta nel 1835 e mai ricostruita

E invece prima di tutte queste cose ho saputo che Macao era l'isola in cui abitava Mike, che aveva collezionato tutte le mie compilation messe in condivisione in mp3 su soulseek. Un giorno mi disse che le aveva copiate tutte, aveva stampato anche le copertine, e non ci potevo credere. Io non he ho neppure una per me - gli dissi - ne mando solo qualcuna ogni tanto ai miei amici, ma nessuno le possiede tutte. E l'idea che qualcuno così lontano le collezionasse mi sembrava così strana...

Le pingu-compilation preferite di Mike

Le pingu-compilation preferite di Julie, sua moglie

Come quando ti dicono una cosa così inaspettata che quasi non ci puoi credere, chiesi a Mike una prova tangibile, che mi mostrasse che non stava scherzando. E Mike mi ha mandato le foto di lui e Julie, sua moglie, con le loro compilation preferite, in quella casetta troppo carina per essere vera, con tutti quegli accessori vintage per i quali potrei impazzire, se andassi a trovarli.

Mike e Julie con le loro pingu-compilation preferite

Mike mostra orgoglioso tutte le sue pingu-compilation stese sul tavolo

Ognuna di quelle compilation rappresenta un periodo particolare della mia vita, una persona, un ricordo. Non avevo mai pensato che delle cose tanto personali potessero finire sparse per il mondo, così lontano da me. Ci sono due pensieri che mi rassicurano: intanto solo io so perchè quelle canzoni e quelle copertine sono così personali, e poi l'idea che le mie compilation-ricordo possano finire a persone adorabili come Mike e Julie non può che rendermi felice.

Julie con in mano due compilation che simboleggiano due momenti della mia vita
molto significativi, così vicini ma così lontani tra loro...

Una volta ero in posta e dovevo spedire a una persona per me importante un pacchetto di quelli gialli, quelli della pubblicità della pannocchia che cadeva dal cielo, se non arrivavano entro un giorno. Ecco, in quel tipo di pacchetti devi compilare una cedolina indicando mittente, destinatario e il contenuto del pacco. Mi ricordo che c'erano talmente tante cose in quel pacchetto, tra cui una mia compilation, che non sapevo proprio cosa scrivere. Qualsiasi cosa avessi scritto, poi, non avrebbe reso l'idea di quello che per me significavano, quelle cose. Dopo un attimo di indecisione, alla voce 'contenuto' scrissi: 'souvenirs'.
Ora anche Mike e Julie possiedono alcuni di quei ricordi, e sono felice di dividerli con loro.

mercoledì 25 agosto 2004

Casualità apparenti

Ci sono alle volte dei particolari che ci colpiscono, quando il nostro sguardo li incontra. Succede così, quasi per caso, la scena ad un tratto si materializza ed è come se un riflettore illuminasse un piccolo punto del palco, e tutto il resto rimanesse in penombra, a dare il senso a quella visione.

Un particolare della mia scrivania

La copertina del cd (qui la serie completa)

Un piccolo particolare può poi svelarci insolite connessioni, che sfuggono ad uno sguardo distratto. Per questo l'attenzione ai dettagli spesso non è sinonimo di pignoleria, ma di curiosità. Ad una prima occhiata, per esempio, questo scaffale ci rivela dei libri, alcuni dvd, una serie incompleta di fumetti e tre pupazzi di plastica (Pingu, Pinga e Robbie).

Ma se dalla visione d'insieme focalizziamo la nostra attenzione su un dettaglio, seguendo la nostra curiosità e le nostre inclinazioni, possiamo scorgere vari significati, porci diverse domande. Perchè ci sono due dvd di "virgin suicides"? Come mai la serie di fumetti è incompleta? Perchè quei tre pupazzi sono lì e soprattutto perchè proprio quei tre pupazzi e non, che ne so, Pippo Topolino e Minnie? Ma soprattutto, quale perverso disegno nel mettere vicino "il ragazzo sbagliato" e "il sesso e i rapporti amorosi"? Un'ammissione di colpa del mio inconscio, sotto forma di apparente disordine? O forse semplicemente un caso? In fondo non so proprio come "il sesso e i rapporti amorosi" sia finito lì sopra, non è mio e non l'ho neanche letto...

Lo sguardo, certo, può anche ingannare, ma a volte ciò che sembra apparente casualità
si rivela come un fatale, ineluttabile destino.

giovedì 19 agosto 2004

L’occhio e il suo doppio

L'altro giorno mentre guidavo verso casa pensavo a un'immaginaria retrospettiva fotografica che avrei voluto organizzare, in una galleria ricavata dalla mia mansarda, magari riadattandola un po'. Dovevano essere tutte fotografie di occhi: occhi che piangono, occhi che sperano, occhi impauriti, occhi che non sai cosa vogliano dire. Il titolo sarebbe stato "l'occhio e il suo doppio". Già immaginavo la mia stanza tappezzata di foto di occhi, dappertutto. Sui muri, sul soffitto, dietro al divano, occhi che mi scrutano ovunque, anche in bagno. Forse però a un certo punto mi avrebbero angosciato e mi sarei messo a coprirli, a rigirarli, come si fa con le vecchie fotografie sul comodino, quando fai o dici qualcosa che le persone lì raffigurate non approverebbero. Ma sarebbero stati talmente tanti, gli occhi aperti verso di me, che ci avrei messo troppo tempo, a coprirli tutti. Avevo già scelto una ventina di foto, ma alla fine ho abbandonato l'idea. Ho preso i fogli A4 con gli occhi che avevo già stampato e li ho regalati a un'amica. In fondo le mie idee è già tanto se durano più di una settimana, e dopo pochi giorni mi sarei stufato di essere circondato da occhi, e avrei cominciato a stampare foto di labbra, o di mani, di piedi...

L'occhio...

...e il suo doppio

Lacrime

Il particolare, che ti colpisce

Prima di un intervento chirurgico...

L'occhio dietro alla telecamera

Ce ne sarebbero altri, ma non credo di poterli mettere tutti, anche se sarebbe sicuramente meglio qui che sulle pareti della mia stanza. Bastano i poster e il collage, per ora. L'unico sfizio che mi concederei, forse, sarebbero delle piastrelle per il bagno. Le mie sono un po' anonime, con un motivo a fiorellini marroni. Che bello sarebbe invece fare il bagno nella mia vasca se tutto intorno le pareti fossero così:

mercoledì 18 agosto 2004

Love story

E' estate, i ragazzi della mia età dovrebbero uscire con gli amici e andare nei posti dove si beve qualcosa e si balla, magari per conoscere qualche ragazza da corteggiare, e invece se qualcuno mi chiedesse quali sono le ultime persone con cui mi sono trovato a chiacchierare, così per caso, senza averle mai viste prima, penserebbe che c'è veramente di che preoccuparsi. Non me n'ero mai accorto, ma ultimamente Udine di notte, pur essendo una tranquilla città di provincia, si riempie di sbandati, di fricchettoni, di personaggi da fiaba...
Qualche sera fa ho incontrato un vecchiettino ubriaco e senza denti. Stava importunando dei ragazzi seduti fuori da un bar quando ha visto me e il mio amico Diego e ha cominciato a seguirci. Aveva una bella bicicletta, e un sacchetto di plastica in cui teneva qualche lattina di birra e una polaroid. Ogni tanto borbottava frasi incomprensibili su sua moglie e sul suo cane, morti da poco, e poi ad un tratto scoppiava a ridere. Parlava da solo con due toni di voce completamente diversi, come un indemoniato. Mi faceva ridere quando prima diceva qualche porcheria e poi, cambiando voce per simulare la disapprovazione degli altri ragazzi seduti lì vicino, gridava rivolto a sè stesso: "Che cosa hai detto?", e un attimo dopo, tornando in sè, con la sua voce normale, "Chi? Io? Noooo". E poi rideva, e ci guardava come se volesse dire che tra di noi ci capivamo, gli altri li stava solo prendendo in giro.
Dopo aver diviso con noi le sue birre, ha voluto assolutamente farci due foto con la sua polaroid. Ci ha detto di conservarle, perchè le persone muoiono, ma le fotografie durano per sempre, e quelle fotografie ci avrebbero ricordati come eravamo in quel momento, anche da vecchi, anche dopo la nostra morte. Forse pensava alle foto di sua moglie, chissà.

La prima foto non era venuta granchè, e la seconda si è un po' rovinata
a causa delle sue mani poco ferme, mentre si asciugava.

Ferragosto poi, invece di passarlo in coda per andare al mare, l'ho passato in casa, disteso sul divano, anche perchè il giorno prima avevo fatto l'alba. In quel caldo pomeriggio non c'era niente di meglio di "Love story", su Rai 3, per tenermi compagnia. Una storia d'amore strappalacrime tra una dolcissima e fiera ragazza di famiglia modesta e un ricco rampollo che si ribella al padre pur di sposarla. Si conoscono, si stuzzicano, si piacciono, si amano superando mille difficoltà, finchè lei viene colpita da un male incurabile, l'unica cosa contro la quale la loro volontà non può far nulla. Pur essendo tutto pateticamente scontato, devo ammettere che lei è davvero commovente quando gli parla per l'ultima volta, sdraiata sul letto dell'ospedale, morente:

Jenny: Non fa male, Oliver, davvero, è come cadere in un burrone al rallentatore.
Solo che vorresti aver già toccato il fondo, capisci?
Oliver: Si
Jenny: Balle, tu che ne sai, non sei mai caduto in un burrone.
Oliver: Si, come no. Quando ho incontrato te.

E' difficile sopravvivere ai ricordi, per Oliver come per il vecchietto ubriaco. Anche se lui ci ha confidato, in un attimo di debolezza, che ogni tanto dà 10 euro a una donna, perchè gli tenga compagnia...ma si vogliono bene e sono amici, ha tenuto a precisare. Forse anche Oliver, col tempo, si sarà ripreso dal suo dolore, magari si sarà rifatto anche lui una vita con qualcun'altra, ma ogni tanto sicuramente gli sarà riaffiorata alla mente l'immagine di Jenny, bellissima, che lo guarda pattinare sul ghiaccio, in una New York sotto la neve.

La più bella storia di amore e morte però resta per me quella che ha per protagonista Bess ne "Le onde del destino" (il titolo originale è "breaking the waves"). Un'unione talmente profonda da sconfinare nella follia, finchè i ruoli (del malato e di chi lo assiste) si rovesciano, nel più meraviglioso dei miracoli. Un film che alla fine, pur in modo diverso da "Love story", porta lo stesso messaggio: quando ami davvero qualcuno come te stesso non importa chi dà o chi riceve, chi è malato e chi è sano, chi è ricco o chi è povero. Il destino dell'uno è anche il destino dell'altro.

Certo, chiunque ha paura di ciò che non può controllare perchè non dipende solo da lui. Ma quando qualcuno sceglie di rinunciare davvero a una parte di sè per qualcun altro, come Bess e Oliver, sa che quella parte non ritornerà mai più indietro, perchè rimane legata a un corpo, a un volto, o a un ricordo lontano ma che dura per sempre, come una polaroid.

giovedì 12 agosto 2004

Little Things

Oggi ascoltavo una vecchia canzone dei lamb, "little things"...

There's so many things that we miss in our everyday lives
We're so busy hustling, bustling chasing far away dreams
We forget the little things
Like blue skies, green eyes and our babies growing
Like rainbows, fresh snow and the smell of summer
We forget to live

Ho pensato a quale fosse l'oggetto più piccolo che avevo nella stanza.
Era questo:

Subisco da sempre, fin da quando ero bambino, una fascinazione particolare per le cose piccole piccole, oppure grandi in maniera sproporzionata. Nei bambini penso sia normale, i grandi hanno il piatto e le posate grandi, i piccoli hanno i piatti e le posate piccole, il papà ha la macchina e il bambino la macchinina, e così anche per le ciabattine, le cucinine, le piccole sciabole, e mille altre cose che ti abituano a pensare che esistano quasi due mondi paralleli: uno dei piccoli e uno dei grandi. Quando ero bambino portavo questa supposizione alle estreme conseguenze, e mi ricordo che mentre viaggiavo in treno per Milano - ci andavamo spesso a trovare i nonni - guardavo fuori dal finestrino e fantasticavo...

Il pinguino gigante appena riesumato dalla soffitta che guarda la tv sul mio divano.

Quando vedevo quei passaggi a livello che sembravano delle barricate, o quelle cascine in mezzo alla campagna perfette per nascondersi ed ordire trame sotterranee, immaginavo un'ipotetica guerra tra bambini e adulti. Tutti i bambini si erano ribellati agli adulti e, prese in mano le armi, si erano riuniti in una guerriglia a tutto campo, in ogni città, in ogni strada, casa per casa. Gli adulti, colti inizialmente di sorpresa, cercavano di resistere, e queste lotte furiose imperversavano dappertutto, senza trovare soluzione. I genitori temevano di colpire i loro stessi figli, e quindi piano piano si arrendevano, lasciavano cadere le armi, anche se qualcuno strenuamente continuava ad opporsi, ma lentamente e inesorabilmente il mondo era destinato a cadere nelle mani dei bambini, che avrebbero preso il comando di tutto, relegando padri e madri al rango di schiavi, ma forse schiavi era un po' troppo, diciamo di servitori.

Il pinguino gigante e quello minuscolo (nel tondo) a confronto.

Dopo un po', stufo di immaginare battaglie e trionfi, mi giravo verso mia mamma, che amorevolmente mi porgeva un succo di frutta e la banana, e forse pensavo che no, in fondo non ce n'era bisogno, di combatterli. Anche se il saccheggio dei negozi di giocattoli, col negoziante legato e imbavagliato nel retro, era un'immagine che mi stregava. Rompi un trenino? Eccotene uno nuovo. Ti stufi di giocare con gli egiziani? Ti prendi il plastico che hai visto dal tuo vicino di casa, quello con i villaggi della Normandia devastati dai soldati tedeschi in ritirata. Non c'erano più limiti ai desideri e alla fantasia di ogni piccolo, innocente bambino.

Oggi non sogno più di rovesciare l'ordine costituito per avere tutti i giocattoli che voglio, mi sono forse imborghesito, quell'ardore giovanile è stato piegato e assorbito dal sistema (nel quale però mai sarò integrato) e ormai non so più se ho la forza di combattere. Forse è per il ricordo di quei giorni che mi commuovo ancora oggi, a guardare le cose piccole piccole, oppure grandi in maniera sproporzionata. E' come se mi ricordassero un tempo in cui tutto era possibile. Un soldatino poteva combattere, un cavallino galoppare, un pupazzo parlare e tenere compagnia. E in mezzo a tutto questo io ero il demiurgo delle loro vite, delle loro storie, delle loro personalità. Partecipavo a quel gioco capovolgendone le sorti come più mi aggradava, traducendo le mie fantasie in un mondo "altro" ma reale. Come un moderno Gulliver, però, sentivo che prima o poi avrei abbandonato quell'isola.

Ora le mie fantasie sono cambiate, sono diverse, forse sono un po' più complesse, ma non è neanche tanto quello. E' che crescendo si allarga il divario tra la realtà e l'immaginazione e, pur continuando a sognare, hai la sensazione che tutto sia più complicato di quando un tempo volevi cambiare il mondo per un paio di giocattoli nuovi. Ora è maledettamente più difficile credere di poter essere felice ottenendo ciò che desideri più di ogni altra cosa, perchè sai che non dipende solo da te. Ma ci provi ugualmente, con la stessa convinzione con cui Don Chisciotte combatteva contro i mulini a vento, per la sua Dulcinea.

Don chisciotte che lotta contro i mulini a vento in un'illustrazione di Gustave Doré.

"S'affrettò Sancio Pancia a soccorrerlo quanto camminava il suo asino, e quando il raggiunse lo trovò che non si poteva movere; così fieramente era stramazzato con Ronzinante.
«Dio buono! proruppe Sancio, non diss'io alla signoria vostra che ponesse mente a ciò che faceva, e che quelli erano mulini da vento? Li avrebbe riconosciuti ognuno che non ne avesse degli altri per la testa. — T'acqueta, amico Sancio, rispose don Chisciotte; le cose della guerra sono più delle altre soggette a continuo cambiamento»."

martedì 10 agosto 2004

Stelle cadenti

Giornata di compleanni, di regali scartati. I 5 anni della mia nipotina, felice per la sua nuova cucina componibile con tanto di wurstel finti. E poi i 25 anni di Diego, che invece ha avuto in dono i dvd di Nosferatu e Metropolis. Due modi diversi di affrontare la vita che passa. Lei con gli occhi che luccicano mentre apre le mille scatoline colorate che nascondono i suoi preziosi gioielli. Lui, quasi dispiaciuto.
In fondo è un giorno come un altro, anche se da domani lei potrà cucinare il pollo di plastica nella sua pentolina a pressione e versare il the agli ospiti nelle sue minitazze, mentre lui potrà rivedere tutte le volte che vuole i suoi film muti preferiti. Per questo è bello fare regali, anche se ho sempre pensato che è ancora più bello farli in giorni in cui non c'è niente da festeggiare, perchè allora sì che sono davvero sorprese
.

Il kit della fatina moderna, uno dei regali per la mia nipotina.

Lunedì per esempio era il mio non-compleanno, e l'ho festeggiato con una bella serata, a parte le zanzare. Ho anche ricevuto un regalo, per il mio non-compleanno. Era una sorpresa, di quelle vere, e per questo sarà un mio piccolo portafortuna.

Stasera invece stavo seduto con i miei amici a chiacchierare di fronte ai campi dietro casa, aspettando le stelle cadenti. Ne ho viste almeno quattro, ed era la prima volta che mi succedeva. Mentre esprimevo il mio desiderio quattro volte, tanto per essere sicuro, pensavo che nessuno avrebbe indovinato che cos'era. Non ci avevo neanche pensato tanto su, mi era venuto così, di getto. E l'idea di essere una volta tanto poco prevedibile nei miei desideri mi faceva sorridere, non so perchè.

E poi il cielo, questa notte, era davvero bellissimo.

mercoledì 4 agosto 2004

Moonage daydream

Lunedì ho passato una serata piacevole, e a suo modo paradigmatica. Le prime immagini del pomeriggio sono ancora abbastanza nitide: l'arrivo in spiaggia a Grado quando il sole già stava calando, la chiacchierata su Hello Kitty e Luciano Liboni (il collegamento tra queste due cose penso sia casuale), Diego seduto sulla sabbia tutto vestito di nero con le scarpe di pelle, l'aperitivo, le lunghe indecisioni davanti a un set di accendini di un venditore ambulante...
Poi tutti a casa di Fabio e Alessia per una cena che, come tante altre cose che mi capitano in questo periodo, ha il sapore della celebrazione (non certamente di una vittoria, semmai di un rito, o di una liturgia personale). L'ultima volta che ero stato a cena da loro, infatti, era esattamente un anno e una settimana fa, in una fase della mia vita apparentemente più complicata di quella di adesso, e non potevo certo dimenticarlo. Alla fine però l'atmosfera rilassata e conviviale, l'assenza attuale di tragedie nella mia vita e soprattutto l'evitare i discorsi sui rapporti con le donne ha fatto sì che il mio sguardo non fosse come al solito rivolto verso il passato. Semmai verso un futuro un po' sfocato, forse anche per colpa di qualche bicchiere di vino, giusto per bagnare i frutti di mare
.

La bottiglia di Chardonnay consumata con gli antipasti,
la cui forma poteva effettivamente disorientare.



Ad un certo punto, visibilmente brillo, ho cominciato a scorrere i titoli della libreria di Fabio. Sul comodino, in mezzo a saggi di Derrida, Foucault e Barthes, tra i libri letti di recente troneggiavano titoli come "gli intellettuali e il sesso", "la psicanalisi e il sesso", "sesso e filosofia"...Buon per lui (e per lei), ho pensato sorseggiando un bicchiere di cognac, sorridente. Diego intanto scriveva su una cartolina, presa il pomeriggio stesso, qualche riga in una lingua di cui solo lui conosce il codice. Buon per lui che ha una persona che cercherà di interpretarlo, quel codice, ho pensato sorseggiando un altro bicchiere di cognac.

Il divano della casa di Fabio
(si intravede anche la bottiglia di cognac, vicino all'abat-jour).




Della chiacchierata sul divano ho qualche ricordo confuso (chissà perchè...), e mi vengono in mente solo alcuni flash: le tombe etrusche, le cucine aperte sul soggiorno anni '70, Susanna Agnelli e le cene di pesce, alberghi da sogno a St.Paul de Vence, quadri famosi in cambio di sgravi fiscali...
Poi, finiti anche i fondi dell'ultima bottiglia di porto, è ora di tornare a casa. Fabio e Alessia ci accompagnano in un breve tour della città vecchia a fare qualche foto e poi ci salutano, dopo questa piacevole serata. Non sanno ancora che il viaggio di ritorno sarà molto più lungo del previsto.

In realtà non abbiamo voglia di tornare subito a casa, e lungo la strada ci fermiamo in una piazzola di sosta, attirati da chissà quali sirene. E' una bellissima serata d'estate, anche se in lontananza si vedono i lampi di un temporale in arrivo. Ci sediamo sugli scogli che scendono fino all'acqua. Illuminati dai fari sembrano un paesaggio lunare, o forse ho solo visto troppi documentari sull'apollo 11, lo scorso 20 luglio.


Sugli scogli, davanti al mare.



Dopo di noi si fermano lì altre due coppie di turisti, e mentre si abbracciano romanticamente nel buio ascoltano la musica della colonna sonora di "Lost in translation" che proveniva dalla mia macchina, parcheggiata poco distante con le portiere aperte. La coppia italiana si avvicina per farmi i complimenti: "è proprio la musica ideale per un posto come questo". Avevano proprio ragione, erano arrivati ascoltando "Ikebana" di Kevin Shields e se n'erano andati con "Just like honey" dei Jesus & Mary Chain, sembrava fatto apposta.

E intanto stavamo seduti, guardando il mare di notte, calmissimo, a un passo da noi:

"Avrei proprio voglia di farmi una nuotata, in questo mare così calmo.
Pensa come sarebbe bello venire qua con la propria ragazza e poi lasciarsi scivolare
nell'acqua, di notte, illuminati solo dalla luce della luna, una scena molto da film"
.


"Eh già, ci dobbiamo assolutamente tornare".

Poi, pochi minuti dopo, mentre eravamo ormai di nuovo in viaggio verso casa, quasi con rimpianto:

"Certo che sarebbe stato proprio bello farsi un bagno, stasera,
in effetti potevamo...ma poi perchè non l'abbiamo fatto?".


"Si, boh, in effetti...avevo già anche il costume,
magari ci fermiamo alla prossima piazzola, dai".


Ma quella era naturalmente l'ultima.

Giusto il tempo di finire di ascoltare un cd ed eravamo già a Udine. Il cielo era bellissimo e si stava bene, anche se il temporale si stava avvicinando sempre di più. Sulle note di "Alone in Tokyo" degli Air pensavo che in fondo anche Udine ha la sua torre Eiffel che si vede da lontano, quando entri in città: è il ripetitore della Rai, che in quel momento mi sembrava magicamente simile alla torre di Tokyo che avevo visto in "Lost in translation", pochi giorni prima.

Il ripetitore che si vede entrando a Udine da sud.


Mentre guardavo le lucine rosse lampeggiare, cominciava a piovere. Prima piano, poi sempre più forte. Mi venivano in mente le ultime battute di "Aspettando Godot":

'Vladimiro: Allora andiamo? Estragone: Andiamo.
Non si muovono.'


La torre di Tokyo, distrutta in parecchi film da Godzilla.