Sabato scorso, in un bel locale vicino a Udine, c'era una serata dedicata alla musica psichedelica. Attirato dalla descrizione ("selvaggio garagerock, rare visioni dagli anni '60 e allucinatorie visioni contemporanee") ho deciso di andarci anche io. Il posto era davvero particolare, arredato con bellissimi poster, proiezioni sui muri e tantissimi accessori che richiamavano la psichedelia più 'hippie' di quarant'anni fa. La gente che vedevo lì intorno a me, però, era più o meno sempre la stessa che frequenta i (pochissimi) locali della zona in cui non suonano reggae, techno commerciale o i primi 10 successi che vanno in radio al momento. Un po' me l'aspettavo, sia chiaro, ma ho cominciato a riflettere sul fatto che, pur essendo in un ambiente stimolante e in mezzo a persone che avrei dovuto considerare miei simili, ero un po' a disagio lo stesso. Ed essendo le stesse persone che incontro da anni, quando giro per i locali della mia città, potevo concludere serenamente che mi ero sempre sentito a disagio. Ho preso due birre, una dopo l'altra, e ho cominciato a rifletterci su. A metà serata, mentre i miei due amici mi abbandonavano per parlare con due ragazze con un chiaro obiettivo in testa (che poi fosse andarci a letto, sposarle o portarle in un cimitero non aveva importanza), sono giunto alla conclusione che io non ne avevo neanche uno di obiettivo, che fosse per quella sera o per l'indomani mattina, quando mi sarei svegliato.
Io seduto nel salottino psichedelico.
Per mettere un po' di ordine nel mio cervello, ho accostato per un attimo le due conclusioni che avevo tratto, per vedere che effetto facesse: "mi sono sempre sentito a disagio anche nel gruppo dei miei simili" e "non ho obiettivi nella vita". Suonava più o meno così, e non era certo un bel sentire, ma devo dire che la sintesi mi diede come una corroborante sensazione di ordine, di tranquillità. E intanto, da solo in mezzo a tutte quelle persone che conoscevo solo di vista, guardavo i gruppi che suonavano sul palco, distrattamente. In realtà guardavo molto di più intorno a me, scrutavo quei volti visti tante volte, pensavo alle loro vite, a distanze per lo più immaginarie che li separavano da me, e davo di loro giudizi superficiali e arbitrari: ah, quello mi è stato sempre sulle palle, non posso vederlo; lei invece è carina, e dolce, proprio il tipo per me; no, quella invece è pazza; ah, guarda com'è invecchiato, quello, facevamo ginnastica insieme e sembra che abbia 10 anni di più, chissà cosa fa ora; che bel fermaglio che ha quella ragazza, anche i suoi capelli sono molto belli; le ragazze con la frangetta corta hanno sempre quell'aria così cattiva; quella ragazza mi guarda, ma forse perchè la sto fissando; quello là mi sembra di conoscerlo, aveva avuto una storia con una mia ex ragazza, ora mi avvicino e lo osservo un po'.
Fili luminosi che addobbavano il locale.
Era proprio una vecchia fiamma di una mia ex ragazza, ma più che starci assieme avevano solo avuto una breve storiella, prima che io la conoscessi. Anzi, poco più di qualche bacio, mi pare. Ma allora ero molto geloso, e non gliel'avevo mai perdonato (a lui). Come si era permesso, di baciarla una sera e di non amarla devotamente per il resto della vita, cazzo. Anzi, era stato proprio un animale, una bestia schifosa così bestiale da farla soffrire, per giunta. Solo a parlarne mi andava il sangue alla testa, a quei tempi. Ora invece era lì, a pochi passi da me, e non sembravo particolarmente risentito. Anzi, pochi minuti dopo, quando l'ho visto salire sul palco a suonare, non mi sono allontanato polemicamente ma sono rimasto lì a guardarlo. Erano passati degli anni, in fondo. E poi, con gli altri due miei amici che ormai consideravo persi, le alternative erano continuare a bere o andarmene fuori da solo a fare due passi lungo il fiume (cosa che peraltro avrei anche fatto, se non fosse stato così freddo).
Il concerto non era così interessante, a parte una cover di uno dei miei gruppi preferiti di quando avevo 17 anni, la Chocolate Watch Band, ma io più che ascoltare guardavo lui, e pensavo...
Uno dei manifesti che ornavano le pareti del locale.
Nove anni fa studiavo ancora a Padova. Allora passavo la mattina a dormire e i pomeriggi alla Feltrinelli o a fare il tour di tutti i negozi di dischi della città, era così rilassante... La sera o uscivo con gli amici o elaboravo piani per conquistare le ragazze che mi piacevano all'epoca (alla fine era una sola, anche se vari volti si sovrapponevano al suo, di tanto in tanto). A volte però pregustavo l'idea di un incontro, diciamo così, casuale. L'esperienza delle feste universitarie fu tragica. La musica non mi piaceva, e alla fine la serata si risolveva nell'urlare all'orecchio di qualcuno poche parole e in lunghi giri per il locale fingendo di avere l'aria di chi sta andando da qualche parte, non a zonzo senza meta e senza nessuno a cui rivolgere la parola. Un giorno, allora, decisi di affidare la mia vita ad un messaggio nella bottiglia, nella speranza che arrivasse a destinazione. Avrei tanto voluto vedere il concerto degli Smashing Pumpkins, quel 24 aprile 1996, a Milano. E così poco prima misi un annuncio sulla bacheca fuori dalla Feltrinelli, chissà, forse qualcuno l'avrebbe letto e mi avrebbe chiamato. Forse quel qualcuno era proprio la persona che cercavo. Alla fine non chiamò nessuno. Il biglietto lo andai a staccare io stesso, il giorno dopo il concerto. Me ne sono ricordato poche settimane fa, quando l'ho trovato dentro "la nausea" di Sartre, dovevo averlo usato come segnalibro, nel 1995.
Dopo la breve parentesi di Padova cambiai facoltà e città, e cominciai a girare di più a Udine, soprattutto nei locali dove suonavano la musica che andava allora, la musica che ascoltavo anche io, tipo i Marlene Kuntz, gli Ustmamò, i Diaframma. Frequentavo i posti in cui spesso suonava anche la persona che avevo davanti a me sul palco, in un sabato di fine novembre nel 2004, nove anni dopo, e la coincidenza non poteva essere casuale. Anche allora ero in un periodo in cui mi sentivo a disagio pure nel gruppo dei miei simili e non avevo un obiettivo, ero depresso, dormivo molto e sognavo una persona che potesse cambiare la mia vita. Mentre il concerto stava finendo mi sono guardato attorno come per cercare di riconoscere, tra tutta quella gente in bianco e nero, una persona con un piccolissimo particolare a colori che mi avrebbe fatto capire che era lei: un fermaglio azzurro, una traccia di rossetto rosso sulle labbra, una pashmina rosa. Otto anni fa la trovai, e pensare a questa coincidenza mi metteva di buon umore, quasi fosse un presagio. Corsi e ricorsi, dicevo tra me e me.
Ad un tratto nella mia mente risuonarono le parole di Gianbattista Vico: "gli uomini prima sentono senza avvertire, poi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente". Sarebbe bello che anche le fasi della mia vita fossero cicliche come quelle della storia per Vico - pensavo - allora adesso sarei pronto a vivere una seconda giovinezza. Alla fine della serata, camminando invisibile in mezzo alla gente che sfollava, mi sono sentito improvvisamente fortunato, perchè stavo aspettando qualcosa che doveva ancora arrivare. Nel viaggio di ritorno, in macchina, senza accorgermene ho messo su un cd con "be my baby" delle ronnettes. Sembrava di essere all'inizio di un film, o alla fine, quando iniziano a scorrere i titoli di coda. No, non stavo guardando nè mean streets nè dirty dancing. Questa volta era la mia vita, anche se non ero più tanto sicuro di quale fosse. Era la prima, la seconda o quella che doveva ancora venire? Dopo aver messo la macchina in garage sono salito in camera e mi sono buttato sul letto, sfinito. Mi sono addormentato in un attimo, e ho fatto un sogno che non ricordo.
The night we met I knew I needed you so
And if I had the chance I'd never let you go
So won't you say you love me
I'll make you so proud of me
We'll make 'em turn their heads
Every place we go
So won't you please
(Be my be my baby) Be my little baby
(I want it only say) Say you'll be my darling
(Be my be my baby) Be my baby now
(I want it only say) Ooh, ohh, ohh, oh
ciccio mi fai troppo ridere :) spero festeggeremo a dovere domani. ma nn ti aspettare un gran tempo. da queste parti è grigio fisso.
RispondiEliminagià. da notare la correzione del "chiamaci" in "chiamami". inizialmente credo che la scelta del plurale fosse un tentativo di tranquillizzare (siamo in tanti, non un unico maniaco pericoloso), ma poi mi ero accorto che era ancora più inquietante (chiamaci, vieni pure con noi, ti faremo a pezzi in un rituale di gruppo lungo la strada). ora però, a mente fredda, non mi stupisce più di tanto che nessuno abbia staccato neppure un bigliettino.
RispondiEliminama infatti! se un genitore non vuole mandare la sua bambina ad un concerto così lontato, figuriamoci mandarla con un inserzionista qualunque..
RispondiEliminaavresti dovuto scrivere: ti piacciono gli smashing pumpkins? chiamami!
che bello però ritrovare un bigliettino così..
buon compleanno alessio.
RispondiEliminadivertiti...;)un bacetto,li.
"dormivo molto e sognavo una persona che potesse cambiare la mia vita"...*
RispondiEliminala Chocolate Watch Band...pensa, li vidi live, qualche anno fa. un tour di vecchie glorie, o una reunion, come si dice oggi. attaccarono, chiusi gli occhi e sognai. e quando fecero "you're gonna miss me" dei 13th Floor Elevators venne giù il mondo...
RispondiElimina(h)s.
il mio pezzo preferito quando ascoltavo tanto quelle cose non era proprio let's talk about girls, nè you're gonna miss me (l'unica versione rimane per me quella dei 13th floor elevators) ma la loro cover di it's all over now baby blue, meglio di quella di dylan, meglio di quella dei rolling stones, forse solo quella di van morrison...
RispondiEliminaciula che ti passa
RispondiEliminaForse non si ha uno scopo perchè nulla di ciò che ci circonda è davvero interessante. Non credere di essere il solo, non so nemmeno con cosa sto parlando.
RispondiEliminaciao sono christian, è il secondo anno che ricevo gli auguri dal 99430, adecco. mi fa molto piacere che vi ricordate di me, grazie per gli auguri, questa e la mia mail cho1977@libero.it tanti saluti ciao
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