Ci sono le avventure, solitamente drammatiche, che consistono nel portare a termine un piano preordinato, nel quale è chiaro il fine ma non è assolutamente chiaro il modo in cui lo si potrà ottenere. Proprio per questo gli esiti delle avventure possono essere delle meravigliose favole o, come sovente avviene, dei disastri in cui il crollo della cattedrale di pensieri costruiti nella mia mente va riedificato dalle fondamenta.
Vado là perchè devo assolutamente fare questa determinata cosa.
Il secondo tipo di viaggi sono le gite, che sono le parentesi felici con le persone con cui sto già bene, e sono viaggi esclusivamente di piacere, le vacanze che poi verranno ricordate come i momenti più belli e spensierati della mia vita.
Vado là perchè so che mi divertirò e starò bene con questa persona.
C’è poi un terzo tipo di viaggi, il cui scopo non risponde nè a un fine preciso nè all’unico intento di svagarsi, ma sono sentiti quasi come dei percorsi di iniziazione, dei momenti di passaggio, dei viaggi all’interno di sè più che all’esterno, in cui il conoscere (sè stessi, gli altri) avviene prima, durante e dopo l’azione del viaggiare.
Vado là per conoscere qualcosa che faceva già parte prima del mio immaginario, ne fa parte durante il viaggio e ne farà parte dopo, ma in questo passaggio dal prima al durante al dopo nulla resterà uguale perchè io stesso cambierò da una fase all’altra.
Tutto questo per dire che ieri, mentre stavo passando in autostrada vicino a Bari, ho visto il cartello per Castel del Monte e non ho potuto resistere alla tentazione di andarci. Pur senza trovare il mio Santo Graal in qualche passaggio segreto inaccessibile alla Harry Potter, ho provato una sensazione strana nel visitarlo. Mentre stavo seguendo tutto il percorso che va dal primo piano, quello dell'iniziazione, al secondo piano, il piano della luce, ho perso l’orientamento. Ho avuto la netta sensazione che tutto ciò volesse dire qualcosa, e mi sono fermato. Sono sceso di nuovo al piano terra, poi sono risalito attraverso le scale a chiocciola al piano superiore ma mi sono trovato in un punto diverso da quello di prima. Ho cercato di rifare il percorso ma ogni volta salivo su una rampa di scale diversa e mi trovavo in un punto diverso da prima.
Alla fine, per cercare di capirci qualcosa, mi sono affacciato alla finestra. Sotto c’era una guida che illustrava a un gruppo di turisti il cortile interno. Alcuni guardavano in alto verso di me. Ho sorriso con un lieve imbarazzo per mascherare l’impasse e ho percorso di nuovo tutte le stanze che potevo percorrere una dopo l’altra. Poi sono sceso per l’ultima volta, però non trovavo l’uscita. Ci sono 4 stanze percorribili al primo piano, una deve per forza essere l’uscita, ho pensato. Ma ogni stanza pareva portare alle altre stanze, mai alla porta d’ingresso da cui ero entrato. Stavo per chiedere a qualche turista tedesco come si facesse a uscire, quando ho letto su una piccola freccia verde la scritta “exit”.
A volte non occorre sbattere la testa sui muri per trovare le soluzioni ai propri problemi.
Basta saper leggere i cartelli.
In quel momento la verità mi era stata rivelata.
La durata è l'incessante progredire del passato che intacca l'avvenire e che, progredendo, si accresce. E poichè si accresce continuamente, il passato si conserva indefinitamente. (Bergson)
RispondiElimina...guarda in avanti pingu!
fabio
saggio Alessio,e ancor più saggio il citatore, Fabio..
RispondiEliminaComunque quel luogo è stato un'affascinante rompicapo anche per me...ma ancor di più mi inquietava il ricordo di un'orrenda vicenda di cronaca nera consumata ai piedi del vecchio maniero..in quell'ampia collina di pini...la morte di un'innocente.
ciao!
Serena