mercoledì 30 giugno 2004

Il ragazzo di ghiaccio

L’altra sera, mentre guidavo in autostrada nei pressi di Modena, mi sono fermato in un autogrill perchè dovevo andare in bagno. Era una serata abbastanza calda e quando sono sceso dalla macchina, forse per il passaggio dal freddo artico dal condizionatore all’afa estiva della pianura emiliana, mi sentivo un po’ girare la testa. Poco dopo, mentre mi sciacquavo le mani prima di uscire dal bagno, guardavo la mia immagine riflessa sullo specchio. “Quante ne abbiamo passate, eh?”, dissi alla mia immagine riflessa, “su, però non fare quella faccia adesso...certo, alcune cose sarebbero un po’ da aggiustare, ma pensa quante avventure avrai da raccontare ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, un giorno”. Mi fermai un attimo, come se stessi aspettando che la mia immagine riflessa, dubbiosa, mi rispondesse, e continuai: “Ok, alcune cose magari saranno da riaggiustare, ma sarà il tempo stesso a nobilitarle, a renderle epiche come la morte di Di Caprio in Titanic, e loro ti guarderanno con ammirazione, vedrai. Ma poi vorresti davvero essere diverso?”. La mia immagine riflessa non rispondeva, ma sembrava un po’ più soddisfatta, e così sono uscito, sotto lo sguardo accusatore dell’uomo delle pulizie che voleva una mancia. Poi sono entrato nel bar e ho cominciato a guardare lo scaffale dei dolci. C’erano le madeleines con l’uvetta che mi piacciono tanto, c’erano le chewingum a forma di occhio, c’erano i nippon! Alla fine ho preso un sacchetto di amaretti, lasciando con rimpianto un portachiavi a forma di pesce in bella mostra accanto alla cassa, e sono uscito.
Arrivato alla macchina, mentre stavo infilando le chiavi nella serratura, ho visto che sul sedile di dietro era sdraiato un pastore tedesco enorme, che mi guardava placido. “E tu che ci fai qui”, gli dissi, “e non mi si apre neanche la porta della macchina, cazzo!”. Mentre mi interrogavo sul da farsi, il mio cervello aveva già elaborato la risposta. Al mio fianco un’altra golf verde, e stavolta era la mia. Salutato il cane con un “ciao cane” quasi dispiaciuto, sono salito in macchina. Mentre lasciavo alle mie spalle quell’autogrill, nell’autoradio partiva “il ragazzo di ghiaccio” di Dino, e ho cominciato anch'io a cantare, assieme a lui:

Quelli come me non sanno piangere
Se te ne vai non sei la prima e non sei l'ultima
Quelli come me stan soli
Forse non avrò mai niente
In un mondo che non m'ha cercato mai
Tra la gente che non mi regala un sorriso
Io ti perderò ma credi
Forse a modo mio ti amo
Anche se non so parlarti
Anche se non so cercarti

(Dino - Il ragazzo di ghiaccio; 1965, Bardotti-Morricone)

Chissà, magari ai miei nipoti racconterò anche una storia in cui ero un cinico bastardo che faceva soffrire le donne e poi le abbandonava, come Dino. Magari a loro potrebbe servire. Non c’è poi qualcuno che sostiene che è meglio fare del male agli altri prima che siano gli altri a farlo a noi? Però alla fine anche Dino si tradisce con quel “forse a modo mio ti amo”, e ne esce da perdente solitario più che da insensibile sfruttatore. No, mi sa proprio che non riuscirei mai a dire ai miei nipoti che quello che ho letto tempo fa su quel muro, mentre passeggiavo per Gallipoli, è la verità.

lunedì 28 giugno 2004

domenica 27 giugno 2004

Soldatini

Ieri mio nipote ha trovato in soffitta i miei soldatini dei greci, dei troiani e (chissà poi perchè) degli egizi. Da piccolo avevo due tipologie di battaglie, tra cui scegliere nei miei lunghi pomeriggi passati a combattere sul letto, usando le coperte sfatte come montagne: la seconda guerra mondiale e la guerra di Troia. La scelta di uno dei due tipi dipendeva dall'umore, dalla giornata e anche dallo scenario. D'estate il giardino era più indicato per la seconda guerra mondiale, una volta reso fangoso con la pompa per simulare le foreste e gli acquitrini della Normandia. D'inverno il copriletto bianco sfatto richiamava lo scenario desertico della piana di Troia, quindi era più adatto ai greci e ai troiani.
Se giocavo alla seconda guerra mondiale, lo scontro era tra i tedeschi e gli americani (gli unici che avevo), con il loro corredo di carri armati, sidecar, jeep, armi di ogni tipo. Spesso i tedeschi dovevano vedersela anche con bande di irregolari (i partigiani) che erano i soldatini residui di vecchie scatole dei miei fratelli, tutti diversi l'uno dall'altro, con in mezzo donne, bambini, contadini... I tedeschi erano sì i più forti, ma solo perchè erano fatti alti, robusti, con l'elmetto e col fucile puntato dritto (non a tracolla o di traverso come gli altri). Certo, a volte l'astuzia degli americani e gli agguati e la guerriglia sporca dei partigiani riuscivano a cambiare un po' le cose, anche perchè non riuscivo proprio a parteggiare per i più forti.

Il secondo tipo di battaglia era tra i greci e i troiani, con in mezzo gli egizi, che a posteriori (ma anche allora) non capivo cosa c'entrassero. Avevo anche il cavallo di Troia con la botola per farci entrare i soldatini dentro, e una bellissimo tempio con le colonne da montare. Anche qui i favoriti erano i greci che impugnavano la spada, ma le schiere di arcieri troiani ogni tanto potevano avere la meglio. I più sfigati di tutti, però, per me allora erano gli egiziani, che avevano un esercito con dei vecchi col turbante in testa (i faraoni), alcuni seduti a gambe incrociate e a braccia conserte in meditazione (?!), e infine le mummie. Nella mia mente questo esercito di freak ben difficilmente avrebbe potuto contrastare le pesanti spade dei greci o le veloci frecce dei troiani, ma allora sottovalutavo il potere della meditazione e del misticismo...

giovedì 24 giugno 2004

Nightswimming

L'inizio dell'estate mi riporta alla mente la canzone che più di tutte rappresenta, per me, l'estate: "nightswimming" dei REM. E' uscita credo nel 1992, ero ancora al liceo e presi due copie di "automatic" in un centro commerciale. Una la regalai a un mio amico che compiva gli anni, e l'altra la tenni io. In questi 12 anni, tutte le volte che mi trovavo a camminare su una spiaggia, di notte, dentro di me sentivo "nightswimming", e immaginavo dei corpi che nuotavano facendo giravolte nell'acqua scura, come nel video dei REM. Mi ricordo di una notte bellissima, in cui ascoltavo questa canzone in macchina lungo la scogliera per andare a Trieste, con una persona che poggiava la testa sulla mia spalla. Ricordo esattamente le luci della strada, le luci della città in lontananza, il mare, e il respiro di quella persona sul mio collo. Mi ricordo anche di un'altra notte, di un bagno sotto la luna, per poi salire in macchina e abbracciarsi ancora tutti sporchi di sabbia...

Nightswimming, remembering that night.
September's coming soon.
I'm pining for the moon.
And what if there were two
Side by side in orbit
Around the fairest sun?
That bright, tight forever drum
could not describe nightswimming.

La scorsa estate nightswimming finì, senza che neanche me ne accorgessi, in due delle mie compilation. Una l'avevo fatta ad agosto, una a settembre, con due stati d'animo che non potevano essere più diversi. Tutte e due avevano in copertina l'acqua. Nella prima l'acqua era uno specchio deformante della realtà, che mostrava un mondo meraviglioso ma inaccessibile. Nella seconda l'acqua rappresentava la purificazione dal dolore, e l'inizio di una nuova vita, superando un passato che pur non si può cancellare.

La prima compilation, con un'immagine di Claire Danes in Romeo + Giulietta.

La seconda compilation, con in copertina Juliette binoche nel Film Blu.

Circa nello stesso periodo in cui facevo la prima compilation, lo scorso agosto, mi ricordo una notte, a Jesolo, in cui mi ero ritrovato a camminare sul molo all'alba, e avevo visto dei ragazzi che facevano il bagno. Un ragazzo e una ragazza si stavano asciugando, seduti su un pedalò, mentre gli altri giocavano ancora nel mare. Scrissi un nome sulla sabbia, per fotografare quell'attimo. Pochi minuti dopo, sulla spiaggia passò un trattore per lisciare la sabbia, e quella scritta lasciò il posto agli ombrelloni delle famiglie in vacanza, che in quel momento si stavano svegliando. Mentre guardavo quella scena, mi sembrava di sentire in sottofondo nightswimming, forse dalla radio di un bar che stava aprendo, o da qualche macchina che rientrava a casa con i finestrini abbassati...

The photograph reflects,
Every streetlight a reminder.
Nightswimming deserves a quiet night.

mercoledì 23 giugno 2004

La notte di San Giovanni

Stasera era la notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno. Da domani il sole inizia la sua fase discendente, e le giornate cominciano ad accorciarsi sempre di più, fino al solstizio invernale, il 21 dicembre. Ci sono molte leggende su questa notte: si dice che un raro, misterioso fiore della felce fiorisca a mezzanotte, all’improvviso, e che il suo splendore duri un solo istante. Basta un attimo di distrazione e bisogna aspettare un altro anno, per vederlo, o forse l'anno dopo ancora, o forse non ci si riuscirà mai.
Si dice che
questa notte la rugiada sia miracolosa, e abbia un effetto benefico su tutto ciò su cui si posa, come l'acqua con la quale Giovanni Battista, che è nato oggi, rigenerava i suoi battezzati. In questa notte si accendono falò propiziatori per mettere in fuga gli spiriti malvagi, le streghe e i demoni vaganti, si raccolgono le erbe per neutralizzare gli influssi maligni, ci si bagna gli occhi con la rugiada per purificarsi. Si dice anche che raccogliendo erica, lavanda, ginestra, felce, verbena, ribes, artemisia e cardo in mazzetti e in luoghi diversi, e mettendoli poi sotto il cuscino, quel che in questa notte si vede nel sogno, si realizza. Così stanotte per raccogliere tutte queste erbe sono andato con Diego in un paese a pochi chilometri da Udine, che si chiama San Giovanni d'Antro, dove si trova la chiesa di San Giovanni, proprio all'entrata di una grotta scavata nella roccia.

La strada per arrivarci è molto suggestiva, con una giungla di rami e liane
che sembra quasi ti avvolgano, mentre ci passi dentro
.

Appena arrivati, un cartello indica la direzione, e nel buio ci addentriamo nel bosco,
attraverso un sentiero medievale di pietra, alla fine del quale si trova
la lunga scalinata che sale fino alla chiesa, e alla grotta.

La luna è coperta dagli alberi fitti, e se non fosse per la mia pila delle giovani marmotte (che per puro caso avevo in macchina, l'organizzazione è sempre perfetta...) non riusciremmo neanche a vedere dove mettiamo i piedi. Mentre Diego (con in mano la preziosa pila) sistema il treppiede per le foto io guardo le luci lontane, nel silenzio rotto solo dai grilli.

Ci sono ancora le decorazioni di un matrimonio celebrato da poco, sulla scalinata, e penso che non esiste un posto più bello di quello, in cui vorrei sposarmi. Me lo immagino pieno di fiori bianchi, con delle fiaccole che illuminano tutta la camminata, una sera d'estate. Ma è ora di tornare. Colta la felce, l'erica, la lavanda, l'artemisia, il ribes, il cardo e la ginestra, manca la verbena! Qui proprio non si trova, e così ancora una volta i miei sogni non diventeranno realtà. Sulla strada del ritorno, tra i ciottoli popolati soltanto di rospi e lumache, non c'è traccia di streghe e spiriti maligni, forse grazie alla madonnina di questa piccola cappella votiva, che emana una luce di una bellissima tonalità di blu...

lunedì 21 giugno 2004

Buffalo ’66

Quando ho visto Buffalo '66, nel 1998, ho pensato che se non ci fosse stata la ragazza che avevo allora al mio fianco, a 30 anni sarei stato esattamente come Vincent Gallo in quel film. Mancano ancora due anni e non posso ancora dire che quella previsione si sia avverata, ma ci sono certamente più vicino di allora.
Se mai dovesse succedere, spero di incontrare una persona come Layla, che nel film assume le forme di Christina Ricci, donna angelica e salvatrice, ma a sua volta bisognosa di aiuto.
C'è una scena surreale e bellissima in cui i due protagonisti, Layla (Christina Ricci) e Billy (Vincent Gallo), sono in un bowling, e mentre lui la ignora e fa il bullo, lei si mette a ballare il tip tap come se intorno non ci fosse nulla e nessuno, sulle note di "Moonchild" dei King Crimson. Sopporterei una vita di stenti pur di incontrare, un giorno, una persona così. Magari goffa, impacciata, strana, eccessiva, pasticciona, buffa, stralunata, ma sempre, da qualsiasi lato tu la guardi, meravigliosamente ai margini, e perciò diversa da chiunque altra. Per questo mi capirebbe da uno sguardo.

"Aveva capito, di tutto, ciò che una donna capisce sempre prima di ogni altra cosa,
se ama veramente, e cioè che ero infelice."

Fëdor Dostoevskij

Tutto nel film accade in una giornata, una di quelle giornate in cui un incontro ti cambia la vita. Due solitudini che finiscono una contro l'altra in maniera violenta, sconvolgente ma alla fine dolcissima, dando vita a un piccolo miracolo, come nelle favole, ma senza che ci siano principi, fate o ragazze addormentate nei boschi. Verso sera Layla e Billy si ritrovano a dormire assieme, in uno squallido motel. Distesi sul letto, non si dicono una parola. Stanno solo vicini.
Ti aspetto.
Ti vengo vicino.
Mi respingi.
Ho bisogno di te.
Sono qui.
Così, senza parlare, si addormentano. Poi però, durante la notte, Billy si alza e comincia a vestirsi, come per uscire, ma Layla se ne accorge, e comincia un dialogo che vorrei fosse mio:

(Billy si alza dal letto e cercando di non fare rumore si mette la giacca di pelle, ma Layla lo sente e si sveglia; lui è in piedi, lei è distesa sul letto, reclinata su un fianco)

L.: Dove vai?
B.: Solo a prendere una tazza di caffè, vuoi qualcosa?
L.: Si, una cioccolata calda.
B.: Te la vado a prendere.
L.: Quando torni?
B.: Beh, 5 minuti, perchè? Torno subito.
L.: Perchè sento come se non dovessi tornare.
B.: Te l'ho appena detto, torno, torno tra...5 minuti, ti prendo una cioccolata.
L.: Tu mi piaci davvero, e ci starei proprio male se tu n
on dovessi tornare, a meno che tu non me lo dica. Se non hai intenzione di tornare dimmelo, non mentirmi... Tornerai? O no...
B.: Se non vuoi che vada non ci vado, va bene? Non andrò a prendere la cioccolata calda.
L.: Se vuoi un caffè vai a prendere un caffè, però torna.
B.: Te l'ho detto, torno.
(Layla si alza lentamente e si mette in ginocchio sul letto)L.: Mi dai un bacio di addio?
B.: No, non cominciare a creare problemi, non essere maligna, non ho detto che ti avrei dato un bacio, ho detto che ti avrei preso una cioccolata calda, ok? Io vado.
(Layla si alza dal letto e va verso Billy)L.: Potresti abbracciarmi?
B.: Oddio...non potremmo stingerci la mano?
L.: Ok.
(Layla e Billy s
i abbracciano in silenzio; lui si avvicina alla porta, sul viso di lei scende qualche lacrima mentre lo guarda uscire)L.: Ricordati, hai promesso di tornare.
B.: Promesso.
L.: Billy, voglio che tu sappia che per me tu sei il ragazzo più dolce del mondo, e anche il più bello...
(Billy le volta le spalle, per non guardarla negli occhi, ed esce)L.: ...E io ti amo.(Billy esce dalla stanza, e la porta si chiude)

Il film non finisce così perchè alla fine, si sa, "l'amore ha strade impervie ma bellissime", come scrissi in un sms al mio amico Diego alle 15.44 del 29 settembre scorso, forse memore dell'antico detto "per aspera ad astra"...

domenica 20 giugno 2004

Amore e Psiche

Un mese fa, mentre ero in vacanza a Lecce, uscendo la sera con alcuni miei amici, camminai con fiera determinazione su un mosaico che raffigurava una lupa che passa sotto un albero di leccio dai frutti d'oro, consapevole della diceria che chi ci passa sopra con convinzione si sposa entro l’anno (o non si laurea, ma non sarà sicuramente il mio caso).

La lupa in piazza Sant'Oronzo, a Lecce.

Nel corso della serata poi ricordo un gelato alla gelateria Natale, un concerto perso, delle mollette-farfalle (è da allora che vedo dappertutto accessori a forma di farfalla...), una chiacchierata con il mio caro amico Fluo al caffè letterario e poi...poi, verso l’una, dopo due bicchieri di pastis Ricard, rimasi solo nel centro di Lecce in preda a uno stato allucinatorio, forse per la stanchezza, o per il pastis. Cominciai così a perdermi tra le viuzze della città, pensando al mio futuro matrimonio entro l’anno.

Mi venne in mente la favola di Amore e Psiche di Apuleio. In quella favola ci sono due matrimoni, il primo quando la bellissima Psiche, per l’invidia di Venere, viene promessa sposa (ma in pratica data in sacrificio) a un mostro orribile e crudele.

“Ma ormai era giunto il tempo di adempiere a quanto aveva prescritto il crudele vaticinio
e per la sventurata fanciulla venne l’ora di prepararsi a quelle funebri nozze.
Già il lume delle fiaccole si oscurava di nera fuliggine spegnendosi sotto la cenere,
il suono del flauto nuziale si mutava in una triste nenia lidia,
il canto lieto dell’imeneo in un lamento lugubre
e la sposa novella si asciugava le lacrime con il velo nuziale".

All’insaputa di tutti, però, Psiche viene rapida dal dio dell’Amore e portata in uno splendido palazzo. In quel carcere dorato, sola ma tra tutti gli agi, piano piano si innamora del giovane dio che viene a trovarla tutte le notti, ma non può vederne il volto nè conoscere la sua vera identità. Quando una sera lo scopre e lo riconosce, contemporaneamente lo perde, perchè è venuta meno alla promessa che gli aveva fatto. Termina così questo amore idealizzato e irreale, e Psiche, scoperta anche da Venere, è costretta ad affrontare mille angosce e peripezie. Ma nelle difficoltà cresce tra Psiche e Amore un rapporto intenso e soprattutto reale. Per non morire, infatti, la bellissima fanciulla deve affrontare le durissime prove a cui viene sottoposta da Venere, mentre lui alla fine riuscirà a salvarla nell’ultima, decisiva prova, e convincerà Giove a dare l’assenso alle loro vere, definitive nozze.


"All’istante fu servito un sontuoso banchetto nuziale:
lo sposo era seduto al posto d’onore e teneva fra le braccia Psiche,
poi veniva Giove con la sua Giunone e quindi, in ordine d’importanza, tutti gli altri dei. (...)
Venere, bellissima, si fece innanzi danzando alla soave melodia di un’orchestra ch’ella stessa aveva predisposto e in cui le Muse erano il coro, un Satiro suonava il flauto, un Panisco soffiava nella zampogna.
Così Psiche andò sposa a Cupido, secondo giuste nozze e, al tempo esatto, nacque una figlia,
che noi chiamiamo Voluttà."

Un'illustrazione delle nozze di Amore e Psiche di Dorothy Mullock (1914).


Mentre cercavo di dare un’interpretazione psicanalitica a questa favola in una sorta di autoanalisi da ubriaco che faccio spesso mentre giro a caso per le strade (più spesso in macchina, stavolta a piedi) ho rivisto la sagoma dell’uomo dell’ACLI, che in quel momento mi pareva intrisa di misticismo, e grazie ad essa mi sono ricordato dov’era il mio ostello, visto che ci ero passato davanti anche il pomeriggio.

La sagoma di cartone dell'uomo dell'Acli, vicino all'ostello dove alloggiavo a Lecce.

Una volta giunto nella mia accogliente stanzetta, ho visto che c’era una bellissima scrivania di legno, e mi è venuta voglia di scrivere, ma avevo troppo sonno, e così mi sono addormentato sulle note di una canzone di Elliott Smith. Erano le 2.45 am.

it's 2:45 in the morning
and i'm putting myself on warning
for waking up in an unknown place
with a recollection you've half erased
looking for somebody's arms to
wave away past harms

La stanza dell'ostello alle 2.45.

La mattina mi sono risvegliato con in testa l’ultima immagine dell’ultima cosa che avevo sognato: la scarpetta persa da Cenerentola. Per avverare la profezia, pensai, non avevo in mano nessuna scarpetta da far provare a qualcuno, ma avrei sempre potuto dare una festa a palazzo a cui invitare tutte le più belle ragazze del regno. Entro l’anno dovrò per forza organizzarla...

La stanza dell'ostello al mio risveglio.

giovedì 17 giugno 2004

Amore disperato

Oggi, per un puro caso, senza alcun riferimento a fatti personali,
il mio perfido inconscio ha accostato "questa è la mia vita" (il film)
a "amore disperato" (la canzone), e questo è quello che è venuto fuori.



Sembra un angelo caduto dal cielo
com'e' vestita quando entra al sassofono blu
ma si annoia appoggiata a uno specchio
tra fanatici in pelle che la scrutano senza poesia
sta perdendo, sta perdendo, sta perdendo
sta perdendo, sta perdendo, sta perdendo tempo
una sera incontro' un ragazzo gentile, lui quella sera era un lampo
e guardarlo era come uno shock
e tornando e tornando e tornando
e tornando e tornando e tornando a casa
lei ballera' tra le stelle accese e scoprira', scoprira' l'amore
l'amore disperato

dopo quella volta lei lo perse di vista
disperata ogni sera lei lo aspetta al sassofono blu
una notte da lupi lei stava piangendo
quella notte il telefono strillo' come un gallo
sta chiamando, sta chiamando, sta chiamando
sta chiamando, sta chiamando, sta chiamando lui
sembra un angelo caduto dal cielo
quando si incontrano toccarsi e' proprio uno shock
e tremando e tremando e tremando
e tremando e tremando e tremando forte
lei ballera' tra le stelle accese
e scoprira' l'amore, l'amore disperato.....

mercoledì 16 giugno 2004

Twinkle twinkle little star

Ci sono delle volte in cui non è che lo faccia apposta, ma in un modo o nell'altro mi capita di pensare a quel gioco delle associazioni mentali che facevo da piccolo, e ogni cosa ne richiama un'altra, finchè a un certo punto mi fermo a seguire quel percorso contorto, lo guardo e penso a cosa significa. Di solito nulla, ma ultimamente mi capita di pensarci spesso...per esempio l'altro giorno una mia amica, parlando della sua infanzia, si è ricordata del suo cuscino preferito, quando era piccola. Era un cuscino di Iridella a forma di stella con una tasca per metterci dentro i pupazzi.

Credo fosse più o meno così:

Iridella era quella bambina bionda con la coda di cavallo che, grazie ai poteri della polvere di stelle, portava i suoi colori, e con loro speranza e felicità, dove prima c’erano tristezza e cattiveria. Aveva tanti amici e tante amiche con cui giocare, e nelle sue avventure la accompagnavano sempre dei folletti pelosi e colorati. Aveva anche parecchi nemici che volevano impadronirsi dei suoi colori e rendere il mondo grigio. Alcuni erano goffi e stupidi, ma alla fine buoni (come questo), altri erano cattivi (come questo), altri ancora subdoli (come questo). Se riusciva ogni volta a sconfiggerli lo doveva al suo migliore amico, un cavallo di nome Starlite (altrimenti detto stella bianca), che galoppando sugli arcobaleni la portava dovunque ci fosse bisogno di lei.



L'altro giorno, per caso, mi è capitato di riascoltare "Twinkle twinkle little star", una di quelle canzoni che, pur non sapendo bene di chi siano e di quando, mi ricorda l'atmosfera di quando da piccolo andavo a dormire ma non potevo pensare neanche lontanamente di addormentarmi, finchè uno dei miei genitori a scelta si sedeva sul bordo del letto e mi diceva qualcosa. Fosse una favola, un racconto, una filastrocca, un acrostico, un haiku, un sonetto non aveva importanza...andava bene qualsiasi cosa, bastava sentire una voce, un corpo caldo vicino, e avere le coperte rimboccate. Non c'erano altre cose di cui preoccuparsi.

Twinkle, twinkle, little star,
How I wonder what you are.
Up above the world so high,
Like a diamond in the sky.
Twinkle, twinkle, little star,
How I wonder what you are!

Oggi ho letto che tra qualche mese uscirà il disco postumo di Elliott Smith, che adoro, intitolato 'From A Basement On the Hill'. La canzone che probabilmente sarà scelta come primo singolo, se ci sarà un singolo, dovrebbe essere "shooting star", in cui parla di una ragazza che lo ha fatto soffrire. Oggi ho ascoltato quella canzone più o meno un migliaio di volte, in una versione dal vivo solo voce e chitarra. Queste sono le ultime due strofe:

So bad, so far, you make me sad, shooting star.
Distant and cold and a sight to behold,
everybody just sighs, no one gets on with you very long,
because you don't feel bad when you lie.

I'm goin' to sleep now, which i guess would be step 1.
Step 2 is where i can deal with the thing you've just done.
It won't be soon, to say the least it's gonna be hard.
So bad, so far, you made me sad, shooting star.

Elliott Smith


Le stelle ci fanno da cuscino, e su quel cuscino ci addormentiamo, sognando che ci guidino nella notte, lungo il nostro cammino. Le stelle a volte sembrano fredde e distanti, e ci fanno sospirare. Le stelle cadono, e ci fanno esprimere dei desideri che certe volte non si avverano. Le stelle a volte dicono bugie. Bugie a cui ogni tanto è bello credere, come alla polvere di stelle, come alle stelle che ci illuminano la stanza nella notte scura, come ai cavalli che galoppano sugli arcobaleni. Quando ti rendi conto che le stelle possono anche ingannare ormai è tardi, ora c’è sempre qualcuno che ti dice ‘cresci’, e non riuscirai mai più a dormire bene come una volta...

martedì 15 giugno 2004

Virgin suicides

Non c'è film migliore di "Virgin suicides" per mostrare il significato del feticismo maschile per gli oggetti del mondo femminile, dal quale siamo stati esclusi fin dalla nascita. C'è una scena, in particolare, in cui Pete, uno dei ragazzi che spiano da lontano la vita delle sorelle Lisbon, viene invitato a cena a casa loro dal padre. A lui non interessa conoscerle, nè conquistarle, e forse in quel momento neanche gli interessa tanto capire il loro segreto, il motivo che le rende così attraenti ai loro occhi. A Pete interessa solo esplorare, perchè il suo sguardo attraverso la serratura diventi lo sguardo di tutti, dopo che avrà portato fuori da quella casa ciò che i suoi occhi hanno visto, come un trofeo. Quando Pete entra nel bagno delle sorelle Lisbon, lui sta compiendo un'impresa, per gli altri ma in fondo per sè stesso. Mentre apre i loro cassetti, mentre annusa i loro profumi e il rossetto su cui posano le labbra ogni giorno, mentre cammina tra la loro biancheria sporca, lui vive un'esperienza che ha un valore unico in quanto è una testimonianza. Così, quando alla fine le ragazze con cattiveria gli fanno notare che ha scordato il suo apparecchio, lui lo prende di fretta e scappa, come se scappasse da una gabbia di leoni, ma in realtà sa che ha compiuto l'impresa, e per un giorno, forse, si sentirà più uomo, perchè ha cercato di avvicinarsi alla verità.

Il mistero femminile che ci è stato negato ha qualcosa di mistico-religioso...

...qualcosa di pornografico...
(visto che la pornografia è il primo mezzo con cui un adolescente qualsiasi,
non uno come Trip, può illudersi di carpire almeno uno di quei segreti)

...e qualcosa di così inspiegabile, di così diverso da noi, che suscita solo meraviglia,
perchè non riusciremo mai a capirlo del tutto e a riprodurlo...


lunedì 14 giugno 2004

Le persone normali

"Come mai a te piacciono sempre persone così?" disse Naoko.
"Abbiamo tutti qualcosa di squilibrato, qualcosa che non funziona,
tutte persone che non sanno nuotare bene e che vanno sempre più a fondo.
Siamo tutti così, in un modo o nall'altro: io, Kizuki, Reiko.
Come mai non ti piacciono persone più normali?"

"Io non penso che sia così ", dissi dopo aver riflettuto un momento.
"Per me non avete proprio niente di squilibrato, né tu, né Kizuki né Reiko.
Le persone che sembrano squilibrate a me sono tutte quelle
che vanno in giro per il mondo senza nessun problema."

(Haruki Murakami, Tokyo Blues)

Anna Karina in "Alphaville".

Jean seberg in "Fino all'ultimo respiro".

mercoledì 9 giugno 2004

Valzer d’estate

E’ estate. Oggi c’erano 31 gradi. Ho tirato fuori il ventilatore dalla soffitta, dove solo un mese fa avevo riposto la stufetta invernale. La sera c’è gente per le strade, i ragazzi con le magliette gialle con scritto brasil, le ragazze con le loro borsette così piccole ma così piccole che sembrano dei portaeuro da portare a tracolla. Dovunque, tantissime farfalle di paillettes sui vestiti, sulle ciabatte infradito, sui capelli... Dopo una passeggiata al chiaro di luna torno a casa e ascolto “Valzer d’estate” di Adamo. In un attimo il mio stereo polveroso, regalo della cresima, si trasforma in un fascinoso giradischi anni ’60, e la mia mansarda di legno diventa una veranda sul mare, con la sabbia a pochi passi da me, manca solo la sdraio.


Un vecchio giradischi Thorens TD 126, l'ideale per ascoltare un vinile di Adamo.



Valzer d’estate
(gli errori ortografici sono voluti per rispecchiare
la sua pronuncia italo-belga vagamente effemminata)


Il giorno a spento la luna

si svegliano le bianche vele

ed il sole comincia a ballare

sul mare al passo di un valzer d’estate.


La spiaggia e un letto da re

adagiati vicino a me

e cosi bello sognare camminare nel cielo

sul filo di un valzer d’estate.


Gira e gira, gira il mio sogno d’amore

e il valzer d’estate che ti regala a me.


La notte nel suo girotondo

sorprende li amanti nel mondo

ma e la loro amica sorride e sospira

la colpa e del valzer d’estate.


Una stella si posa sugli occhi tuoi chiusi

cullata da un valzer d’estate.




Chi era Adamo? Salvatore Adamo emigrò con i genitori in Belgio dalla Sicilia a tre anni, e grazie agli studi musicali riuscì a evitare l'industria del carbone, in cui allora lavorava la maggior parte degli immigrati italiani. Tra il ‘64 e il ‘68 era l'unico artista che poteva competere palmo a palmo con i Beatles. Nella sua carriera ha venduto ad oggi più di 100 milioni di dischi ma, non dimenticando le sue umili origini, si è sempre tenuto lontano dagli eccessi della mondanità. La sua delicata poetica portò Jacques Brel a dire un giorno: "Tendre Salvatore, tu es un jardinier de l'amour".

Mentre sorseggio un cocktail ascoltando il giardiniere dell’amore, cerco un sito dove vendano un pupazzo a grandezza naturale di Totoro ma quello più grande che riesco a trovare è questo:



Però nello stesso sito, dove tra l’altro vendevano quelli che da innocui massaggiatori per le spalle erano diventati i vibratori di hello kitty, (ora esauriti, ma le fans possono ancora trovarne qualcuno in giro sui 70 dollari), che cosa trovo? I fratellini della mia sveglia giapponese (di cui ho parlato qui!
Ce ne sono almeno 4 tipi diversi, e ognuno fa un rumore particolare: uno l’acqua del ruscello, uno le fronde degli alberi... Un giorno, quando sarò ricco, li riunirò tutti, e la mattina quando mi entrerà il sole in camera faranno un frastuono del diavolo, così riusciranno finalmente a svegliarmi. In queste cose credo non potrei essere più diverso dal piccolo Kane, strappato a forza dal suo slittino per diventare un uomo assetato di successo. A volte infatti penso che tra tutte le magagne che potranno capitarmi da vecchio non ci sarà mai il rimpianto per la mia infanzia perduta, semplicemente perchè non l'ho mai perduta.

lunedì 7 giugno 2004

1° Pingu Contest

Questo è il primo Pingu Contest su questo blog:

Un Pingu Contest, per chi non lo sapesse, dà la possibilità, rispondendo per primi a una facile domanda, di vincere la nuova compilation di Pingu e riceverla direttamente a casa in una busta imbottita spedita via posta prioritaria dal suo ufficio postale di fiducia. Se sapete rispondere alla domanda, basta cliccare sul bottone "scrivimi" e scrivere il vostro nome, l'indirizzo e la risposta, sperando sia naturalmente quella giusta. Cercate di evitare riferimenti alle risposte, giuste o sbagliate che siano, nei commenti sul blog, perchè potreste inavvertitamente dare suggerimenti ad altri.
Oggi, visto che è la prima volta, il quesito sarà facile facile: la settimana scorsa ho fatto un cd che mi aveva chiesto un'amica con tutte le versioni (23) che ho trovato di "Bang Bang (my baby shot me down)" di Sonny Bono. Come copertina volevo mettere una foto di una donna con la pistola, e ho consultato il mio archivio (mentale) alla ricerca di qualche bella immagine da mettere.

Alla fine ho scelto questa:

Per vincere la compilation basta dire da che film è tratta questa immagine. Non scrivete domande come: "è di questo regista...?", "l'attrice è...?" perchè non verranno considerate. Però visto che l'immagine ritagliata, la scritta o i colori potrebbero trarre in inganno, ecco altri due indizi per rendere le cose ancora più facili: due fotogrammi tratti dal medesimo film senza nessuna modifica.

Con i colori originali, è veramente troppo facile...

Questo per ricordare che si tratta di un poliziesco...

Ora potete sbizzarrirvi nelle risposte, ma ricordatevi che vale solo la prima.

domenica 6 giugno 2004

Tobia e l’angelo

Uno dei miei quadri preferiti di William Blake è “Christ in the Sepulchre, Guarded by Angels”,
conservato al Victoria and Albert Museum, a Londra.

Nei momenti in cui sono particolarmente triste e la mia vita sembra aver imboccato un tunnel di cui non vedo la via d’uscita, mi conforta molto pensare all’esistenza di un angelo custode che veglia su di me e che mi conduce nella direzione giusta, senza che io nemmeno me ne renda conto.
Forse per questo una delle storie della Bibbia che preferisco è quella di Tobia e Sara. Tobia è figlio di Tobi e Anna. Il padre Tobi, perseguitato e deportato in passato a causa del suo spirito caritatevole, quando è ormai vecchio diventa pure cieco. Un giorno infatti, mentre riposa all’aperto, gli escrementi di un passero gli cadono sugli occhi causandogli un’infezione. Se non bastasse tutto questo, si aggiunge pure la moglie Anna, che gli rimprovera l’ostinata fedeltà religiosa come causa delle loro disgrazie.
Anche a Sara non è che le cose vadano tanto meglio. Infatti è posseduta dal demone Asmodeo, che ha già divorato i suoi precedenti sette mariti durante la prima notte di nozze, prima che potessero unirsi a lei. Per questo vive tormentata dai rimorsi e dai sensi di colpa.
Un giorno Tobia, per aiutare il padre che si sente ormai vicino alla morte ed è anche in ristrettezze economiche a causa della cecità, accetta di partire per andare a riscuotere una somma di denaro nella Media, a qualche giorno di cammino da lì. Prima della partenza, senza svelare la propria identità, l’Arcangelo Raffaele si offre di accompagnarlo nel suo viaggio.

Tobia e l'Arcangelo Raffaele in un dipinto del Verrocchio ora alla National Gallery di Londra
(un particolare lo trovate anche sulla copertina di "Frammenti di un discorso amoroso" di Barthes).

E’ proprio l'Arcangelo Raffaele a far incontrare Tobia e Sara. Dopo aver riscosso la somma di denaro, infatti, Raffaele consiglia a Tobia di fare una sosta presso la casa di un parente di lui, la cui figlia, Sara, avrebbe potuto essere la sua sposa ideale. Tobia sa che Sara è posseduta dal demone Asmodeo, e che questo ha già divorato i suoi precedenti sette mariti durante la prima notte di nozze, e per questo non è proprio convinto che sia la scelta giusta, ma l’Arcangelo Raffaele gli mostra la strada da seguire con delle bellissime parole, in uno dei brani più commoventi della Bibbia:

“Non temere: essa ti è stata destinata fin dall'eternità. Sarai tu a salvarla.
Ti seguirà e penso che da lei avrai figli che saranno per te come fratelli.
Non stare in pensiero”.

Quando Tobia sentì le parole di Raffaele e seppe che Sara
era sua consanguinea della stirpe della famiglia di suo padre,
l'amò al punto da non saper più distogliere il cuore da lei.

Su come Tobia sposò Sara, sconfisse il demonio e fece riacquistare la vista al padre grazie al cuore e al fegato di un pesce non è il caso che mi dilunghi troppo. Nulla di tutto questo sarebbe però successo senza l’aiuto dell’angelo custode per eccellenza, Raffaele. Le credenze popolari attribuirono poi i poteri degli angeli, non solo nelle occasioni importanti ma anche nella quotidianità, a mille oggetti, libri, amuleti da tenere sempre con sè, come dei compagni di viaggio che indicavano la direzione giusta da seguire. Io ne ho uno appiccicato al vetro della macchina, e quando guido da solo spesso ci facciamo lunghe conversazioni, gli parlo dei miei problemi sentimentali, e lui mi guarda e capisce, e ha sempre una buona parola per me. Basta solo saper interpretare le sue espressioni e il suo sguardo e poi tradurle in un consiglio pratico. Tanto so che, quando ho un periodo difficile, se lo ascolto ne uscirò e prima o poi troverò la mia Sara e la salverò. Sicuramente.

A volte penso che forse è proprio vero, come recita il Talmud, che
“ogni filo d’erba che cresce ha un angelo che gli comanda: cresci”.
Questo è il mio.